Come si scrive con i geroglifici giappo-cinesi



Vi siete mai chiesti cosa significhino quei geroglifici incomprensibili che si vedono nei cartelli dell'aeroporto dove, in basso, “Uscita” è tradotto in giapponese e in cinese? Vi è mai capitato di provare a leggerne qualcuno – e arrendervi dopo metà di mezzo secondo?

A me sì. Almeno prima che cominciassi a “studiare” giapponese (lo metto fra virgolette perché per chiamare il mio uno “studio serio” ci vuole coraggio): adesso mi arrendo dopo un paio di secondi. Però mi piace pensare che, in un lontano futuro, se svilupperò il cervello di Megamind, riuscirò ad imparare tutti i kanji!
Penserete voi: questa li nomina sempre, questi kanji, ma che cosa saranno mai?
Ebbene, oggi Hikari-sama dissolverà ogni vostro dubbio: ecco come si scrive nella Terra del Sol Levante!




Innanzitutto, i giapponesi scrivono dall'alto verso il basso e da destra verso sinistra, anche se ormai è molto diffuso anche il modello di scrittura occidentale (da sinistra verso destra e dall'alto verso il basso).

In Giappone esistono tre scritture: due alfabeti sillabici o kana (Hiragana e Katakana) e un sistema di ideogrammi, i kanji.
Kanji e Hiragana possono essere usati insieme per scrivere parole di origine giapponese, mentre il Katakana è in genere utilizzato da solo perché trascrive i suoni stranieri, quindi parole come rain – che si legge così come l'ho scritto, in Katakana è così: ライン  ed è la trascrizione della parola inglese “line”.



Hiragana e Katakana, come abbiamo detto, sono alfabeti sillabici, che vuol dire che ogni lettera corrisponde ad una sillaba, non ad un suono come nell'alfabeto latino. Fanno eccezione le vocali e la lettera "N", che hanno un simbolo per ciascuna quando sono isolate.

Attenzione: non troverete in nessuno dei due alfabeti suoni come “F”, “L” o “V”, perché non sono propri della lingua giapponese e quindi se non si parlano non si scrivono neppure.

Sillabe come “HA”, “HI”, “HO”, “HE”, sono pronunciate con una lieve aspirazione. Il suono che dovrebbe essere “HU” in realtà è “FU”, ma la “F” non è pronunciata come in italiano, bensì come se si emettesse un soffio leggero.
A partire da queste sillabe, se ne possono formare altre dieci: i suoni “B” e “P” con le rispettive vocali. Questo è reso grazie a dei simboli particolari, il maru e il tenten (anche chiamati handakuten e dakuten), che scritti accanto alle lettere creano i cosiddetti “suoni sonori”. Oltre alle sillabe aspirate, il tenten può essere usato anche con le sillabe in “S”, “T”, “K” e caratterizza suoni più dolci, formando in ordine “B”, “Z” (con eccezione della sillaba shi che si trasforma in ji), “D” e la “G” dura. Il maru, invece, può essere usato solo con le sillabe aspirate e forma il suono “P”.



Hiragana e Katakana traducono gli stessi suoni ma, come abbiamo già detto, si distinguono per la funzione: l'Hiragana è usato in parole giapponesi e il Katakana per quelle di derivazione straniera. Perciò, se il Katakana è usato per parole intere, l'Hiragana è impiegato per la trascrizione di desinenze e suffissi, o per parole a cui non corrisponde un ideogramma.

Le parole giapponesi, infatti, sono composte da un radicale (tradotto da un kanji) ed eventuali desinenze che le caratterizzano come sostantivi, aggettivi o avverbi. Quindi se volessi scrivere “blu” in forma di aggettivo, che in giapponese si dice “aoi”, dovrei farlo così: ⻘い . Questo ⻘ è il kanji che vuol dire propriamente “blu” o “verde”, mentre questa  è la lettera “I”, la desinenza per gli aggettivi.


Vedete? Così come la cultura giapponese si fonda sulla cordialità e il supporto reciproco, così alfabeti diversi si supportano a vicenda!

…non fa ridere, eh? Immaginavo. Stendiamo un velo pietoso e passiamo oltre.



Gli ideogrammi, alle origini, erano pittogrammi, piccoli disegnini insomma, che rappresentavano singoli concetti e probabilmente funzionavano davvero come dei geroglifici. Nacquero in Cina non si sa bene quando e furono poi importati in Giappone intorno al IV-V secolo d.C. Letteralmente kanji vuol dire “caratteri han”, e han era (ed è tuttora) il nome dell'etnia considerata comunemente cinese. Quindi kanji vuol dire “caratteri cinesi”.


Durante i secoli i kanji si sono evoluti e semplificati e il loro numero oggi è esorbitante: si parla di quasi 50 000 caratteri, ma quelli di uso comune sono circa 1945 e vengono insegnati ai ragazzi durante i nove anni di scuola dell'obbligo. Alcuni sono piuttosto facili da indovinare (perché le figure sono piuttosto chiare) mentre altri… madonna, sembrano solo linee messe accanto totalmente a caso! Molti kanji, invece, sono formati dall'unione di più caratteri e possono essere letti in molti modi diversi.


Per leggere un quotidiano del genere avreste bisogno di conoscere 1945 kanji

L'eterogeneità delle letture nei kanji deriva dal fatto che essi sono stati importati in Giappone dalla Cina, perciò hanno una pronuncia di derivazione cinese e una propriamente giapponese. Spieghiamolo meglio.

I due metodi di lettura sono on'yomi (cinese) e kun'yomi (nativo giapponese). Ogni parola può avere una lettura per ogni tipo, una sola lettura o addirittura più di due letture per ogni tipo, come il kanji  che ha ben 8 modi per essere letto, due dell'on'yomi e ben sei kun'yomi.



Perciò ecco… non è che aveste torto ad arrendervi dopo nemmeno mezzo secondo quando provavate ad indovinare le lettere giapponesi. Hanno un sistema di scrittura molto complesso (a volte gli stessi madrelingua non sanno come leggere alcuni kanji) ma spero di aver chiarito alcuni dei vostri dubbi! 

Comunque, gli alfabeti non sono difficili da imparare: ormai io sono capace di leggere l'Hiragana (anche se un po' lentamente) e sto lavorando sul Katakana. Perciò, se volete scrivere messaggi segreti o mandare a fa****o qualcuno senza che lo sappia, potete sfruttare le vostre conoscenze di giapponese!

Per oggi è tutto da Hikari-sama.

Sayōnara!

Curiosità +1: il termine maru, che indica uno dei simboli usati per scrivere, vuol dire “cerchio”, “zero” oppure “corretto” (in opposizione a batsu che vuol dire “falso”) e il suo kanji è questo: ah no, scusate, questa parola non ha kanji. Perciò, in Hiragana si scrive così: まる

Curiosità +2: la calligrafia è molto importante in Giappone, tanto che se ne è fatta un'arte, chiamata shodō (書道 lett. "arte della scrittura").




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